domenica 15 gennaio 2012

C'era una volta...

Non me lo ricordo se gliel'ho regalato io. Mia figlia ha questo gioco. Ci sono un mucchio di carte e chi gioca le deve usare per inventare una favola ma per vincere bisogna entrare nella narrazione altrui, interromperla e continuare con le proprie carte. E' strano perché hai la tua fiaba che racconti condizionato dalle carte ma, presto, t'appartiene ed ecco che un'altra persona ci mette dentro la sua. E a ogni strappo qualcuno s'arrabbia perché aveva costruito una storia nella sua fantasia e la stava sviluppando immaginandone la fine. Eppure dopo un po' ti piace che qualcuno arricchisca o cambi la favola e non vedi l'ora di essere sorpreso e di ascoltare il seguito deciso da altri e, a tua volta, interrompere per inserirti e farla di nuovo tua. All'inizio mia figlia ne approfittava per ascoltare. Era una scusa per riempirsi di favole. Poi ha iniziato a giocare, a introfularsi nelle storie altrui, a modificare i percorsi. E stasera dopo aver finito di giocare mi sono detto: Cavoli! Ma queste favole sono come la vita. Ti prepari il tuo percorso, parti e già immagini come andrà, invece vai a sbattere su qualcuno o qualcosa che ti porta da un'altra parte ed è così anche quando non l'accetti. Alt, non sto dicendo che la vita è una favola, sto dicendo che nella vita s'incontrano pezzi di favola e a saperli riconoscere, si può giocare.  

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