venerdì 16 dicembre 2011

c'è ospedale e ospitale


Per l'ennesima volta sono andato al pronto soccorso per accompagnare uno dei miei figli che per l'ennesima volta, avendo cambiato per l'ennesima volta sport, si è fatto male. Questa volta è toccato al pollice sinistro. Il Meyer è un ospedale pediatrico all'avanguardia che fa del rispetto e del rapporto con i minori la sua missione. Abbiamo percorso un corridoio lunghissimo, segnato da tracce che portano al pronto soccorso.Era pieno di bimbi e bimbe e di padri e madri. Abbiamo suonato il campanello e un infermiere gentile ha preso il nome. Dopo qualche decina di minuti l'hanno visitato: codice verde. Verde vuol dire che per fortuna non c'è nulla di grave ma che devi aspettare un sacco di tempo. Nonostante questo, tutto era ospitale, accogliente, colorato. Era pieno di giochi, libri e pupazzi. Muri colorati, arredamento adatto ai bimbi e tanti distributori, perfino uno di libri.  Arrivavano continuamente bambini e bambine. Passavano gruppi, giovani squadre o gruppi di volontari vestiti da babbi natale con doni per i bambini. Siamo rimasti lì tre ore e 20 minuti, per fortuna è bastata una fasciature rigida. Ne siamo usciti bene, fisicamente, ma vedere tutti quei bimbi piccolissimi o grandi, distesi, abbracciati, feriti, ti lascia l'amaro in bocca. ma la cosa che più mi ha colpito è stata la scritta sulla porta. L'essere in ospedale e vedere quella scritta mi ha fatto pensare ancora all'omicidio razzista di Firenze. Eppure è così facile aprire le porte e passare con poco dall'ospedale all'ospitale. Non è facile ma la cura c'è, basta la buona volontà. (ah, quella porta l'ho aperta, ho voluto aprirla, anche se mio figlio non voleva e se n'è vergognato!)

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